DON CHISCIOTTE DELLA MANCIA
La libertà è uno dei doni più preziosi dal cielo concesso agli uomini: i tesori tutti che si trovano in terra o che stanno ricoperti dal mare non le si possono agguagliare: e per la libertà, come per l’onore, si può avventurare la vita, quando per lo contrario la schiavitù è il peggior male che possa arrivare agli uomini.
MARINO SINIBALDI parla di DON CHISCIOTTE DELLA MANCIA
Domenica 24 febbraio 2019, ore 11:00
DON CHISCIOTTE DELLA MANCIA
Alonso Chisciano, un signore di campagna appartenente alla bassa nobiltà e residente nella povera regione della Mancia, decide, ispirato dalle avventure dei romanzi cavallereschi, di cui è instancabile lettore, di diventare cavaliere e partire in cerca di avventure. Assunto il nome di Don Chisciotte il cavaliere esce in sella al suo ronzino, ribattezzato Ronzinante, e dà il via alle proprie imprese: gli esiti, però, si rivelano sin dal principio fallimentari e, picchiato e ammaccato, Don Chisciotte è costretto a tornare a casa. Una volta guarito, il cavaliere non si dà per vinto: accompagnato da un contadino della zona nominato suo scudiero con il nome di Sancio Panza, Don Chisciotte intraprende nuove avventure che puntualmente si trasformano in disfatte, tra cui la battaglia contro i mulini a vento è senza dubbio la più famosa. Il romanzo poi si interrompe e riprende con una nuova sezione, ambientata dieci anni più in là con il tempo. I due, pieni di fiducia e aspettative, arrivano a Barcellona dove il cavaliere della Bianca Luna (ovvero l’amico Carrasco) sfida don Chisciotte, sconfiggendolo e ordinandogli di tornare al suo paese. Fedele ai dettami della cavalleria, don Chisciotte obbedisce e, tornato a casa, si ammala e muore.
Miguel de Cervantes Saavedra (Alcalá de Henares, 29 settembre 1547 – Madrid, 23 aprile 1616) è stato uno scrittore, romanziere, poeta, drammaturgo e militare spagnolo. È universalmente noto per essere l’autore del romanzo Don Chisciotte della Mancia, uno dei capolavori della letteratura mondiale di ogni tempo. In quest’opera, pubblicata in due volumi nel 1605 e nel 1615, l’autore prende di mira con l’arma della satira e dell’ironia i romanzi cavallereschi e la società del suo tempo. Nel romanzo, Cervantes contrappone all’allampanato cavaliere, maniaco di avventure e di gloria, la figura del suo pingue e umanissimo scudiero, incapace d’innalzarsi al di sopra della piatta realtà. La sua influenza sulla letteratura spagnola è stata tale che lo spagnolo è stato definito come la lingua di Cervantes e a lui è stato dedicato l’Istituto di lingua e cultura spagnola.